AI Generativa e diritto d’autore: gli impatti nella tutela

A cura di Manuela Modigliani e Fulvia Mormiro, Italian and European Trademark Attorney PRAXI Intellectual Property

Immaginate un’isola deserta in cui, per un motivo sconosciuto, un gruppo di persone affette da amnesia si ritrova a dover vivere insieme. A parte il nome, nessuno di loro ricorda nulla della propria vita passata. L’unica cosa certa è che tutto si può riscrivere completamente da capo: affetti, legami e relazioni.
  
Questa che vi abbiamo appena raccontato è la trama di “Truelove.wrt”, un libro di quasi 300 pagine che forse non desterebbe poi tanto interesse, se non fosse il primo romanzo a essere completamente “realizzato” (il termine non è un caso) in maniera autonoma da un’intelligenza artificiale generativa, circa 15 anni fa in Russia.
 

"TrueLove.wrt" by PC Writer 1.0. E il diritto d’autore?


Da quel che sappiamo, PC Writer 1.0 fu in grado di scrivere il romanzo in soli tre giorni. Il libro, che non fu poi il successo che la casa editrice si aspettava, ci permette di introdurre alcune problematiche che l’ingresso dell’Intelligenza Artificiale nell’industria culturale solleva, con particolare riguardo al diritto d’autore.

Quando parliamo di intelligenza artificiale generativa, ci riferiamo a quel tipo di intelligenza artificiale che utilizza il machine learning e il deep learning per produrre, al pari della mente umana, contenuti anche complessi che prima non esistevano; o per risolvere problemi nuovi, basandosi su una gigantesca e impressionante massa di dati per prendere decisioni indipendenti.

Chiaramente i vantaggi e le possibilità di applicazione di un simile strumento in ogni settore della vita, non solo quello artistico, sono innumerevoli e oggi come oggi irrinunciabili: diagnosi mediche accurate, nuovi farmaci in tempi più brevi, maggior sicurezza e semplificazione del lavoro, solo per fare alcuni esempi evidenti.

Ma se da un lato la promessa è quella di rivoluzionare settori cruciali come la salute, l'istruzione e la ricerca scientifica, con benefici tangibili per la società, dall’altro il rischio di abusi è altissimo e pone nuovi interrogativi, specialmente riguardo al diritto d'autore in relazione a concetti tradizionalmente “umani” come la creatività, la titolarità dei diritti e la responsabilità legale.
 

Quando l’artista è un algoritmo


Non è certo la prima volta che il diritto d’autore si trova a dover affrontare problematiche nuove: l’avvento di Internet e l’incessante evoluzione delle tecnologie digitali hanno già posto, e continuano a porre, quesiti che decenni fa erano del tutto inimmaginabili, richiedendo un’interpretazione evolutiva, talvolta anche forzata, delle categorie giuridiche esistenti.

Mai fino ad ora, però, la titolarità sulle opere generate al computer era stata rimessa in discussione. In effetti, finché il programma era semplicemente uno strumento a supporto del processo creativo, nulla quaestio; per semplificare, nessuno si è mai sognato o sognerebbe mai di imputare a una macchina fotografica, per quanto sofisticata, i diritti connessi alle immagini scattate, espressione della creatività del fotografo che l’ha utilizzata.

Oggi però qualcosa è cambiato. Gli algoritmi di apprendimento automatico imparano e generano qualcosa di nuovo: musiche inedite, poesie, racconti, quadri che suscitano interesse anche economico nel pubblico. I programmatori possono impostare i parametri, ma il lavoro viene effettivamente realizzato dal programma stesso, mediante un processo simile a quello mentale dell’essere umano.  
 
A questo punto la domanda sorge spontanea: può l’artefatto generato dalla IA, il cosiddetto “output”, ottenere la tutela del diritto d’autore, posto che quest’ultimo protegge soltanto le “opere dell’ingegno dotate di carattere creativo”?   

La risposta ve la anticipiamo noi: ora come ora no. Tuttavia, il dibattito, anche nelle aule dei tribunali, è molto acceso ed è per buona parte incentrato su cosa si debba intendere per “creatività”, e se questa sia esclusivamente una prerogativa umana. 
 

Essere o non essere (umano)... Questo è il problema?


Se per “carattere creativo” si intende quell’attività spirituale frutto raffinato ed esclusivo dell’intelligenza e della sensibilità umana, allora soltanto un essere umano potrà realizzare un’opera dotata dei requisiti previsti per accedere alla tutela del diritto d’autore.

Di conseguenza, mancando proprio di quell’impronta creativa impressa dall’autore, un’opera realizzata dall’IA ricadrebbe nel pubblico dominio, non godendo della protezione autorale. 
  
Recentemente l’Ufficio brevetti e marchi americano (USPTO), nell’esaminare due domande di brevetti ideati da una IA, ha sostenuto che un sistema di intelligenza artificiale non può essere indicato come inventore di un brevetto.

La stessa posizione è stata adottata da quasi tutti i Paesi dove le medesime domande erano state nel frattempo presentate: non essendo l’inventore una persona fisica, sono state rigettate1.

Indubbiamente il nostro diritto d’autore è antropocentrico: pone l’uomo al centro del processo creativo e, pur non dichiarandolo espressamente, si basa sul fatto che l'autore dell'opera sia un essere umano.

Quindi, l’opera generata da una IA potrebbe comunque definirsi “creativa”, ma non nel senso umano del termine, tenendo conto delle capacità del sistema di produrre risultati non scontati in base alle informazioni apprese e gli input inseriti dall’utente nel sistema per generare una risposta.
 

La soluzione trovata dalla Corte di Cassazione


Recentemente la Corte di Cassazione è intervenuta con un obiter dictum sul tema, dichiarando che il semplice utilizzo di un software nel processo creativo non esclude di per sé la tutela di un'opera. La Corte ha sottolineato la necessità di una valutazione rigorosa per determinare se e in che misura l'utilizzo del software abbia influenzato l'inventiva dell'autore2.

Il diritto d'autore, giunto nell'era dell'IA, necessita di un riadattamento radicale per abbracciare questa nuova realtà. Ciò comporta una riconsiderazione di alcuni suoi concetti fondamentali, in primis quello della creatività, e potenzialmente l'adozione di categorie specifiche. Inoltre, si rende necessario ridefinire il ruolo dell'elemento umano - l'autore - come colui che imposta correttamente i comandi, gli input da dare al sistema.
 

"I bravi artisti copiano, i geni rubano." P. Picasso


Mark Twain sosteneva che non esistono idee nuove: tutto ciò che facciamo è mettere una moltitudine di vecchi concetti in una sorta di “caleidoscopio mentale” per farli poi riapparire in combinazioni diverse, rielaborati secondo le nostre esperienze personali.

Posto che per le IA non si può certo parlare di vissuto, da dove provengono le idee? La risposta sta nei dati. I modelli di IA generativa vengono addestrati grazie ai big data, imparano divorando un’enorme mole di informazioni e contenuti, talvolta anche protetti, che ne influenzano le opere generate.  

Questo utilizzo dei dati può dirsi libero, come affermano le grandi Società di IA, o rappresenta invece di per sé una violazione del copyright, come invece sostengono gli autori delle opere protette?

E ancora, un’opera generata dalla IA, addestrata grazie ai big data, può violare il diritto d’autore, soprattutto se l’output si avvicina all’originale, o è da considerarsi un’opera completamente nuova?

Garantire la trasparenza sull’intero ciclo di funzionamento dei modelli di intelligenza artificiale generativa, dall’addestramento alla pubblicità dei dati utilizzati per il training, è sempre più cruciale. Tuttavia, la questione rimane aperta e – nei casi più eclatanti 3– è probabile che sarà risolta dai giudici, prima che dal Legislatore.
 

AI ACT: un primo passo verso la regolamentazione


L’Europa ha recentemente approvato il primo regolamento al mondo sull’Intelligenza Artificiale, conosciuto come AI Act, che entrerà effettivamente a pieno regime applicativo nel 2026.

Questo regolamento avrà automaticamente effetto nei Paesi dell'Unione, senza richiedere un recepimento individuale da parte degli Stati membri. Basato su una scala di rischio, prevede maggiori responsabilità e obblighi per coloro che sviluppano o utilizzano sistemi di intelligenza artificiale a rischio elevato.

Rispetto alle intelligenze artificiali ad alto rischio, il regolamento prevede obblighi di trasparenza nei processi di addestramento prima di accedere al mercato.

Sebbene rappresenti un primo passo per rispondere alle istanze di chiarezza invocate da più parti, dal punto di vista pratico è difficile comprendere come tali obblighi si tradurranno in garanzie realmente efficaci per i titolari di diritti di autore. 
 

Intelligenza Artificiale generativa e diritto d’autore: una gestione equilibrata il vero obiettivo


L'avvento dell'Intelligenza Artificiale ha catalizzato un acceso dibattito nel mondo del diritto d'autore.

Da un lato, le opere frutto di una collaborazione “uomo - IA" possono godere della protezione autorale, a patto che l'utilizzo della tecnologia non abbia completamente sostituito l'elaborazione creativa dell'artista. Dall'altro, quelle generate interamente dall'IA sembrano essere escluse dai tradizionali confini del diritto d'autore.

L'analisi caso per caso diventa dunque cruciale per determinare se un'opera possa essere considerata originale e, di conseguenza, meritevole di protezione. Tuttavia, si auspica che venga riconosciuto un diritto sui generis anche all'opera generata integralmente dalla IA.

Un’altra questione riguarda l'utilizzo di dati protetti da diritto d'autore nell'addestramento dei modelli di IA: gli obblighi imposti a fornitori e utenti di dare informazioni e garantire la tracciabilità a tutela dei diritti d’autore rappresentano un primo passo significativo verso una maggiore trasparenza e sicurezza, ma è necessario un impegno costante per garantire l’efficacia di tali misure.
 
Consapevoli che un eccesso di regolamentazione potrebbe ostacolare l'innovazione tecnologica e che una scarsa tutela vedrebbe i creatori privati del giusto riconoscimento per il loro lavoro, gestire in modo equilibrato l'innovazione e la salvaguardia dei diritti rappresenterà il vero obiettivo per promuovere, fiduciosi, un progresso responsabile e fruttuoso nel campo dell'intelligenza artificiale.

Il Team di Praxi IP è disponibile per approfondimenti all’indirizzo contact@praxi-ip.praxi.

 


1 Nel 2018 DABUS, un sistema di IA, ha autonomamente ideato due invenzioni originali, oggetto di altrettante domande di brevetto presentate in più giurisdizioni: Stati Uniti, Regno Unito, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda, Repubblica di Corea, Israele ed Europa. Nonostante le pronunce quasi tutte negative (a parte il Sud Africa), il caso DABUS ha aperto un dibattito importante, e messo in evidenza come le posizioni dei diversi Uffici riceventi non siano perfettamente allineate sul punto. Per maggiori approfondimenti si veda: https://www.ipstars.com/NewsAndAnalysis/The-latest-news-on-the-DABUS-patent-case/Index/7366
2 Ordinanza n. 1107 del 16 gennaio 2023 con cui la Corte di Cassazione ha respinto l’impugnazione della RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A., ritenendo l’opera “The Scent of the Night”, opera dell’ingegno meritevole di tutela autoriale la cui riproduzione e utilizzazione da parte della RAI come scenografia del Festival di Sanremo nel 2016  costituiva una violazione dei diritti dell’Autore.   
3 USA: Getty Images vs. Stability AI. Getty Images accusa Stability AI di aver copiato 12 milioni di immagini del suo archivio, al fine di addestrare il suo modello di IA senza permesso o compenso, per poi porre in essere attività concorrente.