22 luglio 2025

DOP nei menù: cosa rischiano i ristoratori? Nuove regole, controlli e sanzioni

A cura di Caterina Cerreta, Avvocato PRAXI Intellectual Property

Recentemente si è assistito a un deciso inasprimento dell’attività di vigilanza da parte dei Consorzi di tutela delle Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e l’attenzione si è concentrata soprattutto sul fenomeno – ancora troppo diffuso – dell’uso improprio delle denominazioni protette nei menù dei ristoranti.

Sempre più frequenti, infatti, sono i casi in cui viene dichiarato in carta un prodotto DOP (come Parmigiano Reggiano, Fontina, Prosciutto di Parma, Mozzarella di Bufala Campana, ecc.) che però non viene realmente servito al consumatore.

Una pratica illecita che non solo viola le normative italiane ed europee in materia di indicazioni geografiche, ma compromette gravemente la trasparenza commerciale, danneggia i produttori certificati e mina la credibilità dell’intero sistema di tutela e valorizzazione delle eccellenze agroalimentari.

A tal proposito, è importante ricordare che la disciplina dei regimi di qualità, fondata su regolamenti europei e recepita nella normativa nazionale, prevede una protezione specifica per i nomi registrati come:

  • DOP (Denominazione di Origine Protetta): riservata ai prodotti strettamente legati all’area geografica di origine, in cui tutte le fasi della filiera (produzione, trasformazione, elaborazione) devono svolgersi nella zona delimitata;  
  • IGP (Indicazione Geografica Protetta): applicabile ai prodotti per i quali almeno una delle fasi della filiera avvenga nel territorio di riferimento, a condizione che qualità, reputazione o altre caratteristiche siano attribuibili all’origine geografica.  


Il nuovo Regolamento (UE) 2024/1143: un sistema di tutela più incisivo

Con l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2024/1143, il sistema europeo di protezione delle indicazioni geografiche è stato riformato per colpire anche le forme più subdole di sfruttamento delle DOP e IGP, in particolare nella comunicazione digitale e commerciale.

L’articolo 26, nello specifico, introduce una protezione estesa ed efficace, ampliando significativamente le ipotesi di violazione.
 

Uso improprio diretto e indiretto

La protezione si estende a ogni forma di impiego commerciale – diretto o indiretto – di una denominazione protetta per prodotti che non ne hanno diritto. Questo vale anche quando i prodotti in questione sono semplicemente comparabili a quelli autentici, o quando l’uso del nome tutelato si limita a sfruttarne la notorietà per fini promozionali o commerciali.

L’obiettivo è chiaro: impedire che il valore reputazionale costruito attorno a un prodotto certificato venga strumentalizzato da soggetti estranei alla filiera autorizzata.


Evocazioni, imitazioni, usurpazioni

La normativa vieta qualsiasi forma di evocazione che possa indurre il consumatore a ricollegare il prodotto a una DOP o IGP protetta. Questo include nomi simili, packaging ingannevole, simboli, riferimenti territoriali o culturali che sfruttano la reputazione delle indicazioni protette.

È vietata qualsiasi evocazione o imitazione, anche se:
  • il prodotto contraffatto riporta correttamente la propria origine geografica;
  • il nome protetto è tradotto o traslitterato;
  • l’etichetta include espressioni attenuanti come “tipo”, “genere”, “alla maniera di”, “gusto” o simili.
Il divieto si applica anche quando l’uso illecito della DOP, IGP o IG riguarda soltanto un ingrediente.


Falsità e presentazione ingannevole

Rientrano tra le pratiche vietate:
  • dichiarazioni false o fuorvianti sulla provenienza, la natura o le qualità del prodotto;
  • presentazioni grafiche, packaging o materiali promozionali che possano trarre in inganno sull'origine o sul contenuto del prodotto;
  • l’uso di recipienti, forme o simboli che evochino impropriamente l’area o l’identità geografica tutelata.
Tali divieti si applicano sia ai canali fisici che digitali, comprese le interfacce online e i materiali pubblicati in rete.


Tutela estesa ai nomi di dominio

In un contesto in cui la vendita online assume un ruolo sempre più rilevante, l’articolo 26 estende la protezione delle indicazioni geografiche ufficiali anche ai nomi di dominio. Registrare o utilizzare un sito web con un dominio che richiama una DOP o IGP in modo fuorviante o ingannevole costituisce quindi violazione del diritto.

L’articolo 43 del Regolamento rafforza questa tutela nel contesto digitale, prevedendo che i contenuti online (comprese pubblicità, promozioni e offerte commerciali) accessibili da utenti situati nell’Unione Europea che violino le indicazioni geografiche ufficiali siano classificati come illegali ai sensi del Regolamento (UE) 2022/2065, noto come Digital Services Act (DSA)1.


Il ruolo dei Consorzi di tutela e degli agenti vigilatori

Il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) è l’autorità nazionale preposta al coordinamento e alla vigilanza dell’attività di controllo sulle denominazioni protette. Tale attività di controllo può essere affidata ad autorità pubbliche designate, come l'Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi (ICQRF), o a Organismi di Controllo privati accreditati.
I Consorzi di tutela operano in collaborazione con il Ministero, esercitando funzioni di vigilanza anche su soggetti esterni alla filiera (es. ristoratori e punti vendita).

Elemento cardine di tale sistema è rappresentato dagli agenti vigilatori dei Consorzi, ai quali può essere conferita – secondo le modalità previste dalla legge – la qualifica di agenti di pubblica sicurezza. Questi operatori sono abilitati a effettuare ispezioni e controlli mirati presso esercizi pubblici, mercati, punti vendita e ristoranti, al fine di accertare il corretto utilizzo delle denominazioni tutelate, anche nella comunicazione al consumatore (es. menù, materiali promozionali offline o online, etichette).

Nel contesto della ristorazione, ciò si traduce in controlli che possono essere condotti in sala, in cucina e sulla documentazione di acquisto, per accertare la corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto effettivamente somministrato. L’indicazione impropria o ingannevole di una DOP o IGP in menù – ad esempio, la menzione di un “Parmigiano Reggiano” non autentico o di un “Prosciutto di Parma” non conforme al disciplinare – può comportare l’avvio di procedimenti sanzionatori, anche in assenza di dolo da parte dell’esercente.


Le sanzioni previste dal D.Lgs. 297/2004

Ferma restando l’applicazione delle norme penali vigenti, qualora i fatti costituiscano reato, il sistema sanzionatorio per l’uso improprio o ingannevole delle DOP e IGP nel commercio è disciplinato dal Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 297.

Le sanzioni amministrative previste variano in base alla gravità della violazione. In particolare, è prevista una sanzione da 3.000 a 20.000 euro per chiunque utilizzi, sull’imballaggio, nella pubblicità, nell’informazione al consumatore o sulla documentazione, indicazioni false o fuorvianti in merito alla provenienza, all’origine, alla natura o alle caratteristiche essenziali del prodotto.
La stessa sanzione si applica anche a chi impiega diciture non conformi ai disciplinari di produzione o utilizza contenitori o confezioni idonei a trarre in inganno sull’origine del prodotto.

Un aspetto interessante riguarda la competenza giurisdizionale in materia di opposizione alle ordinanze-ingiunzione del MASAF per violazione delle disposizioni sulle denominazioni protette di cui al d.lgs. n. 297 del 2004. Secondo la Corte di Cassazione, tale materia non rientra nella competenza delle Sezioni Specializzate in materia di impresa.

È stato infatti chiarito che il procedimento prescinde dalla lesione di un diritto di proprietà industriale, essendo finalizzato unicamente ad accertare la sussistenza dei presupposti di legge per l’irrogazione della sanzione amministrativa. Il diritto relativo all’utilizzazione della denominazione protetta non assume, in questo contesto, alcun rilievo (cfr. Cass. n. 16863/2015; in senso conforme, Cass. n. 25504/2017).
 

L’impatto per la ristorazione

Lo scenario descritto dimostra che, se in passato l’uso improprio di DOP o IGP nei menù era sottovalutato, oggi è considerato un vero illecito amministrativo. Anche solo citare impropriamente una DOP online (es. in un menù digitale o post social) può comportare:
  • rimozione del contenuto (ai sensi del DSA);
  • sanzioni economiche;
  • danni d’immagine e reputazione.


Per i ristoratori, quindi, si impone un nuovo paradigma: occorre garantire non solo la qualità, ma anche la conformità e tracciabilità dei prodotti utilizzati.

La corretta indicazione delle denominazioni geografiche diventa centrale per tutelare il consumatore e proteggere la propria attività da rischi legali.
 

Il Team di Praxi IP è disponibile per approfondimenti all’indirizzo contact@praxi-ip.praxi.

 
1Il Digital Services Act (Regolamento UE 2022/2065) è il quadro normativo europeo che regola la responsabilità delle piattaforme online (inclusi marketplace, motori di ricerca, social media, hosting provider). Tra le altre cose, impone obblighi specifici per contrastare la diffusione di contenuti illegali - come l’uso ingannevole delle indicazioni geografiche protette - con misure di rimozione tempestiva e maggiore trasparenza nei sistemi di segnalazione.

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